La Navicolite: il problema dei “piedi d’argilla”

navicoliteLa navicolite è una delle patologie più diffuse nei cavalli ed affligge lo zoccolo navicolare.

In gergo gli esemplari che ne sono affetti vengono chiamati cavalli con i piedi d’argilla. Ad essere colpito è l’osso navicolare, collocato posteriormente alla seconda ed alla terza falange, e le strutture annesse quali superficie articolare, borsa sinoviale e legamenti. La fibrocartilagine di rivestimento viene erosa in corrispondenza della superficie di scorrimento con il tendine flessore.

E’ difficile determinare quali siano le cause che provochino la navicolite anche se sono numerosi gli studi approfonditi che molte scuole di veterinaria stanno conducendo. Ad ogni modo, è stato dimostrato che una delle cause scatenante della malattia risiederebbe in un processo di ischemia dell’osso che conduce alle lesioni anatomopatologiche accennate in precedenza. Non è stato ancora compreso con certezza come possa scatenarsi l’ischemia nel cavallo. Si possono soltanto avanzare delle ipotesi secondo cui l’ischemia sia legata a microtraumi sommatisi nel corso del tempo o agli sforzi cui sono soggetti i cavalli nei loro allenamenti; oppure a dei fenomeni di tipo trombotico o arteriosclerotico a carico dei vasi afferenti all’osso. Infine, le ischemie potrebbero essere dovute a congestioni venose passive oppure a malattie arteriose.

La navicolite è una malattia molto difficile da curare e necessita di alcune attenzioni specifiche come, ad esempio, la ferratura terapeutica. Andiamo con ordine descrivendo i sintomi che questa malattia provoca nell’animale. Primi fra tutti un dolore lancinante alla porzione posteriore del piede. Per avvertire meno il dolore l’animale appoggia il piede di punta evitando di scaricare il peso sui talloni. La zoppia tende a scomparire con l’esercizio ecco perché è difficile diagnosticare la malattia nella sua fase iniziale. Soltanto con il passare del tempo la zoppicatura tenderà a diventare evidente e duratura con un animale che, camminando sulle punte, modificherà permanentemente la sua andatura che diventerà radente con un frequente incespicare. Anche la morfologia del piede tenderà a modificarsi con talloni sopraelevati e contratti ed un fettone atrofico per mancanza di stimoli meccanici.

Parallelamente, la suola diventa maggiormente concava e l’angolo formato dall’asse del piede con il terreno aumenta. Nella peggiore delle ipotesi si potrebbe spezzare il segmento che forma l’asse del dito che è dato da asse del piede sommato all’asse del pastorale. Dai sintomi gravi che vi abbiamo appena elencato, la malattia si manifesta in modo evidente.

Come dicevamo prima, per limitare i danni della navicolite potrebbe essere necessaria una ferratura appropriata che serve ad evitare zoppie e modifiche della morfologia del piede. Con tale soluzione, il cavallo potrà continuare a svolgere le sue attività. Questo perché il pareggio dato dalla ferratura riporterà le giuste proporzioni dello zoccolo. Possono essere adoperati dei bendaggi oppure delle applicazioni di ferro leggero (ad esempio alluminio) che è di poco spessore sulla punta mentre cresce sul tallone. La punta, inoltre, può essere arrotondata per agevolare lo stacco. Il movimento di apertura e chiusura dei talloni, ovvero l’elaterio, può essere agevolato da alcuni chiodi o barbette anteriori (cioè degli accessori in ferro che servono ad aumentare la coesione tra il ferro stesso e l’unghia dell’animale). Per tale scopo si può adoperare il ferro di vacchetta.

Quando il dolore è lampante, possono essere somministrati al cavallo degli analgesici per periodi brevi. Ciò avviene, soprattutto, quando il cavallo deve partecipare a delle gare. Dato che la malattia dipende, per lo più, da congestioni venose o malattie arteriose, il trattamento analgesico e la ferratura correttiva devono essere associati a terapie anticoagulanti (Wafarin) o vasodilatatrici (isossisuprina). In questo modo, le possibilità di guarigione si moltiplicherebbero.

La congestione venosa passiva si verifica quando confluisce una quantità di sangue superiore alla norma in un organo particolare. Questo flusso eccessivo è dovuto ad un ostacolo del deflusso. L’ostacolo può essere una compressione venosa o una trombosi.

Nel caso si scelga di procedere con una terapia con Warfarin (farmaco anticoagulante cumarinico) quest’ultima deve durare da un minimo di nove ad un massimo di dodici mesi sotto stretto controllo veterinario. Gli sforzi valgono la pena di essere fatti perché la terapia porta, nel 75% dei casi, ad una guarigione completa dell’animale. La riacutizzazione eventuale non si verifica prima dei 24 mesi successivi al ciclo di trattamenti.

Se si sceglie di procedere con isossisuprina (principio attivo contenuto in farmaci beta-mimetici) la cura sarà più semplice. Questo perché la somministrazione avviene attraverso il cavo orale per un periodo che va dalle sei alle dodici settimane. Le percentuali di guarigione, però, sono più basse ovvero del 50% con una riacutizzazione nei 12 mesi successivi al trattamento.

Un’altra soluzione da intraprendere potrebbe essere quella del rimodellamento dell’osso navicolare. Tale soluzione può essere presa se non c’è ischemia ma soltanto una maggiore pressione sul tendine flessore. Quest’ultimo, che rappresenta una formazione fibrosa cordoniforme grazie alla quale i muscoli si inseriscono sulle ossa consentendone la mobilità, risulta sotto sforzo dalla malattia perché il peso gravante sulla porzione posteriore del piede aumenta. In questo caso le conseguenze sono solo esterne con complicazioni successive tra cui si possono annoverare aderenze (connessioni anomale tra due tessuti interni che di solito sono distaccati) ed osteolisi (il rammollimento delle ossa per decalcificazione e ritorno allo stato di tessuto connettivo). Queste complicazioni potrebbero portare a lesioni irreversibili.

I cavalli navicolitici vengono detti con i piedi d’argilla perché presentano le gambe anteriori non bilanciate e con una distribuzione sbagliata dei pesi. Il pareggio e quindi il ritrovamento di una postura corretta, potrebbe essere raggiunto con i metodi che abbiamo sovra descritto.

Il ferro da applicare successivamente alle cure deve essere una traversa di tipo ovale (egg-bar shoe) che deve rispondere ad una serie di requisiti che qui vi elenchiamo:

  • deve essere realizzata su misura sulla base del diametro della diagonale e della trasversale dello zoccolo;
  • la benda di cui è composto deve avere larghezza ed altezza normali;
  • il ferro deve essere abbondante fino a debordare all’altezza dei talloni di circa 1,5 cm. a partire dalle mammelle dello zoccolo;
  • la forma deve inglobare lo zoccolo essendo la traversa ovale e rullata in punta, con tre stampe per parte accumulate sulla parte anteriore;
  • il sedile deve essere piatto mentre il margine interno della bende deve sfiorare l’estremità posteriore del fettone all’altezza dei talloni. Quindi, non deve prenderne contatto. L’esterno deve debordare in modo da essere tangente alla proiezione dei glomi del fettone sul suolo.
  • una ferratura di questo tipo dovrebbe permettere al piede di riassumere la sua forma corretta entro i tre mesi essendo rinnovato, mese dopo mese, con traverse ovali e ferri dello stesso tipo che si adattino alle modifiche morfologiche che avverranno.
  • dopo che lo zoccolo avrà ri-assunto la sua forma normale, sarà necessario applicare un ferro convenzionale, orlante e lungo ai talloni con la punta collocata a magro cioè verso l’esterno. In questo modo l’asse del piede e del pastorale dovrebbero spezzarsi leggermente in avanti.

Un cavallo affetto da navicolite deve assolutamente riposare per almeno sei mesi anche se ferrato con traversa ovale. Solo successivamente alla ferratura normale esso potrà di nuovo allenarsi al massimo per un ora al giorno. Con la terapia della ferratura ovale il 53% degli animali non ha rimanifestato la malattia entro i 12/40 mesi.

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